“Strade acide” di Susanna Polloni

Chi conobbe negli anni Ottanta il libro Christiane F. – Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino (Christiane F. – Wir Kinder vom Bahnhof Zoo) ed il film del 1981 diretto da Uli Edel probabilmente leggerà con un maggiore apprezzamento il libro di Susanna Polloni “Strade acide” pubblicato da Sandro Teti Editore.

Venezia e l’Europa anni Ottanta fanno da sfondo alla foga autodistruttiva di un’adolescente ribelle: alcol, eroina, allucinogeni e vita randagia. Ma da un terrificante “bad trip” inizia lo sforzo ricostruttivo, senza rimozione alcuna del proprio passato, un non indulgente svelamento della propria interiorità.

Anche nel libro della Polloni siamo nell’Europa degli anni Ottanta- anni di piombo e di droga. È il 22 luglio 1984, e siamo a Madrid: Susanna, che vive per strada ormai da molti mesi, viene sconvolta da un “bad trip” da Lsd. Un’esperienza spaventosa, uno spartiacque che segnerà un prima e un dopo nella sua vita, trasformandola in una continua ricerca di sé stessa.
Il libro affronta il disagio rifuggendo i luoghi comuni che rappresentano sempre l’“esperienza alterata” come degenerazione patologica di soggetti privi di volontà. Nelle pagine di questo moderno romanzo di formazione lo stato mentale modificato, la percezione dilatata sono considerati dall’autrice bisogni insopprimibili della psiche umana – sicuramente diversi, però, dall’esperienza dell’indio yaqui di nome Juan Matus narrata dallo scrittore Carlos Castaneda. Nel viaggio attraverso sé stessi, l’oppio è una tappa del percorso, lo è quando ancora altre vie non si conoscono: così l’eroina, così l’arte, così l’amore. Tutto ciò, però – e il però è dirimente- in società che “usano e gettano” ogni cosa, anche la vita umana: la droga e le sostanze psicotrope hanno rappresentato e continuano ad essere la narcosi della gioventù occidentale, l’oppio di quella buona parte di gioventù purtroppo deprivata di valori religiosi o laici per il bene supremo del “Vivi, consuma e muori”.

Carlo Marino
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